Se non esistesse il dubbio, non credo che esisterebbe l’uomo così come noi lo conosciamo. Ad esempio, i sacerdoti babilonesi conoscevano un’approssimazione del teorema di Pitagora e andavano vicinissimi al pi greco, ma non era concesso loro il dubbio. La loro matematica era dominata dall’ipse dixit e dunque lo furono la loro fisica e la loro astronomia. Ai loro occhi dovette apparire ben rompiballe la genia dei Taleti e degli Euclide, mostri del pensiero perché mostri della perplessità. Lo scontro tra persiani e greci, che noi conosciamo per Salamina e Maratona, non fu -perciò- solo l’incontro traumatico tra oriente e occidente, tra monocrazia e vagiti democratici. Fu soprattutto la battaglia tra fede e eresia, tra certezze non dimostrate e dubbio. Tremila anni dopo, Salamina è ancora nell’aria perché la fede nel metodo scientifico –o nel dubbio- conduce al all’impossibilità di sperare in dio. E più la scienza domanda, più i misteri di Dio esigono fede cieca. Infatti, come ricorda l’ateissimo Dawkins, un conto è pensare che non sia giusto rubare, un conto è non domandarsi perché dio esiga di non mangiare il prosciutto San Daniele e le aragoste. Chi ha fede nel metodo scientifico, che mangi o meno prosciutto San Daniele, è condannato a non sperare in dio, ma tendenzialmente non ruba e rispetta le leggi prima dei comandamenti, perché la scienza è una severa maestra e ha come metro il rispetto e la stima dei propri pari. Per questo il dubbio ha sempre fatto paura, perché spinge ad amare le leggi del mondo, facendo a meno di dio. E di chi lui ha reso infallibile nel suo nome. Ci mancherà una come lei, signora Hack.
Se l’uomo fosse perfetto, cambierebbe mestiere
Se non esistesse il dubbio, non credo che esisterebbe l’uomo così come noi lo conosciamo. Ad esempio, i sacerdoti babilonesi conoscevano un’approssimazione del teorema di Pitagora e andavano vicinissimi al pi greco, ma non era concesso loro il dubbio. La loro matematica era dominata dall’ipse dixit e dunque lo furono la loro fisica e la loro astronomia. Ai loro occhi dovette apparire ben rompiballe la genia dei Taleti e degli Euclide, mostri del pensiero perché mostri della perplessità. Lo scontro tra persiani e greci, che noi conosciamo per Salamina e Maratona, non fu -perciò- solo l’incontro traumatico tra oriente e occidente, tra monocrazia e vagiti democratici. Fu soprattutto la battaglia tra fede e eresia, tra certezze non dimostrate e dubbio. Tremila anni dopo, Salamina è ancora nell’aria perché la fede nel metodo scientifico –o nel dubbio- conduce al all’impossibilità di sperare in dio. E più la scienza domanda, più i misteri di Dio esigono fede cieca. Infatti, come ricorda l’ateissimo Dawkins, un conto è pensare che non sia giusto rubare, un conto è non domandarsi perché dio esiga di non mangiare il prosciutto San Daniele e le aragoste. Chi ha fede nel metodo scientifico, che mangi o meno prosciutto San Daniele, è condannato a non sperare in dio, ma tendenzialmente non ruba e rispetta le leggi prima dei comandamenti, perché la scienza è una severa maestra e ha come metro il rispetto e la stima dei propri pari. Per questo il dubbio ha sempre fatto paura, perché spinge ad amare le leggi del mondo, facendo a meno di dio. E di chi lui ha reso infallibile nel suo nome. Ci mancherà una come lei, signora Hack.
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