Ce n'est que un debut

C’è una morale alla fine di ogni favola e in questa favola la morale è: puoi riempire tutte le piazze che vuoi, ma finchè non riempi il parlamento non conti un cazzo. Ci ho passato una generazione a riempirle, al grido di “Ce n’est que un debut, continuons le combat!”. Cantando a squarciagola che si era un po’ operai, un po’ compagni, un po’ braccianti (mai visti a dire il vero) e un po’ anche gente dei quartieri. E in sovrappiù si era anche un po’ studenti (io) e un po’ pastori sardi (mai visti nella vita, figurati in Piazza Fontana con lo stalin in mano) accomunati dal desiderio di sfilare davanti alle forze dell’ordine, prenderne e darne. Eravamo ultras, alcuni coraggiosi, altri vigliacchetti (io), altri oltre il confine della decenza. Si era fuori dal Parlamento, comunque ci si chiamasse; si stava nelle piazze, ci si contava e si pensava di essere l’avanguardia di milioni. Quando ci si contò veramente, quando si scelse di andare a portare il verbo delle masse in Parlamento, gli avanguardati lasciarono gli avanguardisti con il culo nudo. Eravamo stati solo la piazza e, come ci disse già da allora Guccini, “qualcuno è andato per età, qualcuno perché già dottore, e insegue una maturità, si è sposato, fa carriera ed è una morte un po’ peggiore”. Mi mancano molto quelle piazze, spazi che contenevano ancora più che gli slogan, la certezza improbabile che il tempo ci avrebbe dato ragione. Non ce n’è mai abbastanza di piazze da riempire. Spazi e palchi dove cittadini più all’avanguardia parlano a cittadini un po’ meno all’avanguardia nella speranza che cittadini definitivamente di retroguardia sentano delle voci e si incuriosiscano delle idee. Forse è quest’ultima l’Italia di serie B con famiglia da mantenere oppure non esiste nemmeno quella di serie A: la maggioranza silenziosa anche quando urla prima o poi torna a farlo a bassa voce. C’è una morale alla fine di ogni favola e in questa favola la morale è: ascoltare l’onda della marea che sale è facile, fa rumore ed è prepotente. E’ quella calante che è difficile da capire: non parla, sibila e quando ci si guarda attorno è un attimo vedere che di tutto quell’oceano in festa è rimasto solo una pozza in cui nuotare.

Tarasso per Kotiomkin



Questa casa non ha condomini

Le elezioni, a volte, sono come un’assemblea condominiale: alla prima convocazione ci vanno solo i cretini, alla seconda solo gli uomini di buona volontà; e in generale, è sempre complicatissimo cacciare l’amministratore. Chiusa dunque la prima convocazione ci si chiede: chi ha vinto oggi? Chi ha perso? Ma, soprattutto, chi si è mangiato il gol partita? Io un’idea ce l’ho, ma non da oggi: da febbraio a questa parte. Voleva il 50% dei voti e ci è riuscito: ne ha presi esattamente la metà di quelli di febbraio. Colpa degli inciuci? Secondo me, no: piuttosto è colpa dei proclami, delle liste nere, delle non risposte, degli scontrini della Lombardi e della rendicontazione eletta a unica bandiera visibile di una buona idea. Com’è possibile, se no, che l’unico movimento che ha fatto dell’attivismo la sua bandiera, sia stato così bastonato dall’astensionismo? E com’è possibile, se no, annacquare una marea montante di voglia di nuovo, quando dall’altra parte la vecchia politica è sempre più vecchia e logorata da attendismo, condanne, pompini e rancori? Cittadini, attenti a giudicare il popolo. Sceglie comunque, anche scegliendo di non dirlo: non è ateismo, è attesa agnostica, anarchica pigrizia elevata a pensiero politico. In Svizzera già nei ‘70 avevano referendum con l’80% di astenuti. Estenuante democrazia diretta e domande tipo: “Siete favorevoli o contrari all’adozione del vitello tonnato come piatto nazionale?” resero necessario introdurre 3 opzioni di voto: sì, no e vaffanculo. L’Italia è arrivata a risultati molto simili a modo suo: i referendum da noi continuano a contenere solo il sì o il no; mentre l’opzione ‘vaffanculo’ se l’è riservata il Parlamento, cancellando l’opinione del popolo ogni volta che lo ha ritenuto opportuno. E pian piano la gente ha smesso di andare a votare. C’è un paese in provincia di Reggio Calabria dove le elezioni sono state annullate, perché ha votato solo l’11%. A Roma c’erano più liste che votanti. A Siena, il movimento ha perso di botto il 18%: di peggio era riuscito solo al Monte dei Paschi. E così, a furia di rendiconti e scontrini, vaffanculo e liste nere, nel palazzo dove viviamo ci siamo persi l’occasione di cambiare amministratore. Va be’, dirà qualcuno, resta comunque la seconda convocazione. Vero, peccato che i nuovi condomini non potranno votare il loro candidato.

Tarasso per Kotiomkin

La mano e il sasso che l'ha tirata

E’ bello, commovente, quasi magico che il giorno in cui Genova si si ferma per ricordare Don Gallo, Palermo si riempia a rendere beato Padre Puglisi. E’ bello e commovente quel mix di bandiere, cori e bandiere che hanno fatto delle strade verso il Carmine un piccolo Marassi. E sono anche così onesti i fischi alla Chiesa in veste viola e superba: non si può essere nella stessa vita caruggio e tiara, mitria e camallo, senza nome e CEI. Nella vita si sceglie: chi ha scelto Siri ha scelto il rosso porpora del Concistoro, chi ha scelto il sigaro ha optato per la strada e il suo popolo. In quello stadio simbolico di memoria e diversità, fanno scalpore gli estremi, i trans, gli ultimi, i tossicodipendenti, gli sbandati. Ma la strada attorno è anche tutto il resto: si può non essere primi anche senza essere ultimi; sfigati anche senza essere ‘maudit’, trasgressivi senza violare le leggi di natura. Noi, la maggioranza di noi, siamo quella roba lì: né ultimi, né primi e con una tolleranza spesso sovrumana verso l’ipocrisia. A volte fingiamo per sopravvivere, ma a volte riusciamo a capire che fingere è il peggiore dei peccati possibili: tirare il sasso e spacciarsi per monchi. E oggi non è tanto Bagnasco il monco da mondare coi fischi. E’ dove i fischi non ci sono stati che si è seduta l’ipocrisia. Accanto ad Alfano o Simona Vicari che poche settimane fa recavano solidarietà a un perseguitato di mafia nel Tribunale di Milano. O a Schifani, Miccichè, forse persino Grasso. Non ha avuto quell’impudenza Totò Cuffaro o, forse, più semplicemente ha solo ricordato le parole che un suo maestro gli ha impresso nel cuore e nella mente: Puglisi, in fondo, “se l’era cercata”

Tarasso per Kotiomkin

Nevica a maggio, figurati che governo abbiamo

Dice il popolo: piove, governo ladro. Dico io: giuro che non sono in grado di giudicare questo governo, ma so per certo che qui continua a piovere. Il Garda non esondava dai tempi di Tambroni; sullo Stelvio nevica come durante il monocolore Andreotti; lungo la Genova-Ventimiglia fa giù una grandine che -durante la seconda guerra mondiale- i tedeschi ci bombardavano Londra. Springsteen a Napoli hasuonato mentre alcuni bambini giocavano a palle di neve sotto il palco. Sulla Cisa tira un vento così forte che la polizia stradale consiglia il transito solo a mezzi zavorrati; mentre chi affronta la Aosta-Monte Bianco deve farlo con catene da neve e San Bernardo a bordo. Fa freddo e, più in dettaglio, secondo i metereologi, un clima così non si vedeva dal 1994, a dimostrazione che il tempo sa riconoscere al volo i governi farlocchi. Per dire, ieri a Milano facevano 7 gradi, nonostante Pisapia sostenesse che siamo a maggio, momento ideale per utilizzare i 140mila chilometri di nuove piste ciclabili realizzati –come promesso- dalla sua giunta. 600 km. più a sud, dopo che i romani hanno scoperto che il centrodestra potrebbe non perdere, il cielo sopra la capitale ha iniziato a vomitare una valanga d’acqua che ha riempito tutti i crateri lasciati sulle strade dall’amministrazione Alemanno. Forse anche per questo, ieri a Roma è stata una giornata surreale: i comizi dei candidati hanno riempito i ristoranti e i cinema. Davanti al Colosseo, Berlusconi ha parlato ad Alemanno. In piazza San Giovanni è passato Epifani a portare una parola di conforto al popolo del PD e un po’ di sfiga a Marino. Il candidato Marchini ha scelto di chiudere la sua campagna elettorale con un concerto di Venditti, quasi a sottolineare che non c’è limite al peggio. Rimaneva Grillo in piazza del Popolo: piena a metà, perché molta gente aveva già visto lo spettacolo di Piazza San Giovanni e c’erano pochi vaffanculo nuovi. Ah, e naturalmente Casa Pound, l’unico vero esempio di coerenza nel tempo: anche a questo giro, nessun negro al loro comizio.

Tarasso per Kotiomkin

Chiamami Silvio, sarò il tuo papilloma

A volte mi chiedo se ci stiamo facendo la domanda giusta: che non é 'come può l'Italia liberarsi di Berlusconi?, ma 'L'italia può vivere senza Berlusconi?' Agli inizi di tutto, Montanelli paragonava Berlusconi a una malattia esantematica, tipo orecchioni o morbillo: lasciandolo governicchiare per qualche tempo, ci saremmo riempiti di croste per un po', ma alla fine ne saremmo usciti immuni per sempre. Dopo vent' anni di pustole, a me pare, invece, che Berlusconi assomigli più a una candida che a una varicella: anche se fa un po' schifo, tutto sommato non uccide e -soprattutto- la vedono solo pochi intimi. La curi con poco, sparisce in un niente ma, quando pensi di averla eliminata per sempre, ti distrai un istante ed é di nuovo lì, puteolenta e tenace come sempre. Oppure a unaun'uveite, insidiosa, improvvisa e birichina: ti sembra di averla, ti visita un altro oculista e, puff, non c'é più. Buone e bonario infezioni, tutto sommato, ma forse, se solo Montanelli ci avesse pensato, avrebbe paragonato Berlusconi a un papilloma virus: é invisibile, al portatore non fa danni, ma aumenta la probabilità di tumore per il prossimo. Per attaccarlo, basta un po' di sesso e quello Berlusconi non se lo é certo fatto mancare: candida alle cortigiane, uveite ai giudici, papilloma all' Italia. In altra epoca, il milanese Berlusconi si sarebbe meritato la Colonna Infame. Ma noi siamo moderni, democratici, di sinistra e un po' coglioni. Perciò, in questo quadro clinico, in un Pd che deve scegliere tra governabilità e ineleggibilità, la mossa più probabile é che Letta sì prenda una settimana di malattia. E l'Italia sì terrà Berlusconi.

Tarasso per Kotiomkin

Meglio un giorno da gallo che cento da o'brien

Di santi è pieno il paradiso, ma di santi con il sigaro non me ne ricordo. E forse, se lo Spirito Santo è lo
stesso che ha fatto tanti disastri in 2000 anni, non ce ne sarà nemmeno uno da stasera. Non dico il santo, dico proprio l’anima. Per le cazzate che ha detto, i peccati che ha commesso, i compagni di viaggio che si è scelto, il sigaro che puzza e il cappellaccio un po’ da corvo un po’ da cantautore da bettola. Da ateo mi auguro che esista un Dio per dare un senso ai suoi 84 anni di barricata. Spero che Dio interceda con San Pietro per fargli avere una stanza vista Marassi. Mi auguro che a cena lo metta nello stesso tavolo di Andreotti, perché gli spieghi il senso di essere cristiano. Spero che ci sia una zona fumatori, più lui e Califano che lui e Madre Teresa. Perché, per dire dell’uomo prima del che prete, era genoano, ma stasera lo piangeranno anche i doriani.

Tarasso per Kotiomkin




Ineleggibile? Sì ma da quando si è candidato

Vogliamo parlare di ineleggibilità? Parliamone ma non prendiamoci in giro perché, anche se può sembrare assurdo, in materia ha ragione Berlusconi. Lui, Silvio, è un diavolo della politica. Ride perché sa che dovevamo svegliarci 20 anni fa. E se ne frega, perché sono 10 milioni di italiani che devono fare uno sforzo di civiltà e democrazia, mica lui. Siamo una democrazia imperfetta dove basta essere collusi con la mafia ma solo fino a un certo punto della storia, per non vedersi negare il diritto a diventare senatori a vita, figurati se qualcuno si è mai preoccupato di capire chi è e chi non è eleggibile. Parliamone, quindi, ma non prendiamoci in giro perché vorrei fosse chiaro a tutti che l’Onorevole Silvio Berlusconi sarà ineleggibile, se mai sarà dichiarato ineleggibile, ai sensi della legge 361/1957. Non perché pregiudicato, non perché amnistiato, non perché prescritto, non perché assolto per corruzione quando abbiamo un condannato per corruzione che da lui prese soldi, non perché salvato in corner da inguardabili prestanome, non perché ha fatto le corna al ministro dell’economia spagnolo –una volta- e a sua moglie –sa dio quante volte, non perché ci ha sputtanato nel mondo, non perché è andato a letto con una minorenne, non perché ha accostato il suo nome a Enzo Tortora, non perché probabilmente colluso con la mafia, non perché ha concusso un funzionario pubblico, non perché ha sdoganato i fascisti, non perché non ha pagato le tasse, non perché ha comprato giudici, non perché ha corrotto sentenze, non perché ha assunto mafiosi, non perché non ha mantenuto una sola promessa fatta, non perché ha fatto dello stato il suo cesso, non perché ha rubato Mondadori ai legittimi eredi, non perché ha cambiato leggi a suo esclusivo vantaggio, non perché ha falsificato bilanci, non per le decine di intercettazioni, non per le prostitute, non per le meschinità, i raggiri, le truffe, le ignominie, le minacce, le collusioni, Putin e l’esaltazione di Mussolini. Niente di tutto ciò. Dopo 19 anni di schifezze e ruberie, imbarbarimento e grevità, l’On. Silvio Berlusconi sarà ineleggibile, se sarà dichiarato ineleggibile, per l’art. 10 comma 1 della legge 361/1957, laddove si legge che non sono eleggibili coloro che ”risultino vincolati con lo Stato per (...) per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica (...)”. Sarà ineleggibile, insomma, per uno di quei codicilli minimi che lo hanno tenuto a galla per un’intera carriera di uomo, di imprenditore e di piccolo demone della politica. Ma ha comunque ragione Berlusconi a ridere: mica sono scemi quelli che lo vogliono fuori dal gioco, sono semplicemente in ritardo. Era 20 anni fa che chi oggi gli chiede voti e governabilità avrebbe dovuto spiegare a 10 milioni di complici, analfabeti e sciaguratamente aventi diritto al voto, perché quell’uomo dai mille peccati non avrebbe mai dovuto, per nessuna ragione e nemmeno in una democrazia così imperfetta, imbrattare il titolo di onorevole. D’altra parte, se bastano 20 anni per dimenticare una strage, vuoi che dopo 20 anni non si possa perdonare anche il diavolo?



Apple ha rubato 74.000.000.000 di dollari di cui 2000 a me


La donna del Colle ha detto stop

Robespierre ci mise la testa per eccesso. Masaniello ce la mise per ingenuità, Giovanna d’Arco per uno schiacciamento di un lobo cerebrale che le faceva sentire la voce di Dio. A tutti quelli che fanno le rivoluzioni capita di diventare imperatori o cadaveri. Poi ci sono i tempi moderni, quelli della televisione e della rete. E in questi tempi accelerati e strani basta davvero poco a passare da eroe di un popolo a serva del potere. Un giorno sei sul colle, un giorno chiedono il tuo collo. Basta un attimo per diventare nemici di un'idea proprio perchè si ì fedeli a quell'idea. Capita ai grandi e agli onesti. In questo caso e bastata l'onestà intellettuale di fare la stessa domanda a vecchi e nuovi. I vecchi si arrampicheranno sui vetri, mentiranno e faranno orecchie da mercante. I nuovi diranno semplicemente "non rispondo a questa domanda", non cadiamo in questa trappola. La stessa risposta rabbiosa che i cronisti raccolsero all'uscita dell'Hotel Raphael. Gli stessi "non ricordo" che rigarono di una bavetta triste il labbro di Forlani. E non mi venite a dire, amici col voto congelato, che gli altri, i vecchi hanno rubato per 20 anni. Vogliamo rispondere che i soldi di un blog sono pochi, anzi nulla rispetto ai miliardi in aerei militari? Va bene, facciamolo, è vecchia prassi: il ladro di mele e il ladro di banche. Sono diversi, purchè il ladro di mele dimostri di essere animato da una fame povera dentro. Se no, sono uguali. Anzi, no, non lo sono se il ladro di mele illude i poveri di essere Robin Hood. Robin Hood ha più doveri dello Sceriffo di Nottingham e sono precisamente i doveri di chi si oppone al potere. Gli altri, i vecchi sono ripugnanti, sono peggiori dei ladri di banche, perché rubano illusioni, anime e speranze. Ma la trasparenza va oltre gli scontrini, va oltre i rimborsi, va oltre gli streaming di risolini e umiliazioni inflitte a poveretti con il cappello in mano e la macchie di giaguaro nel culo. La trasparenza è un dovere alla pari. Se se ne accorge l'eroina di un popolo, se soltanto di vi chiede di non trincerarvi dietro le altrui travi e pagliuzze, provate ad essere quello che dite di essere: cittadini. Non fate finta di non vedere ciò che è lì davanti ai vostri occhi di uomini e donne della rete (un minuto fa erano 'tooaway, internet veloce ovunque', tutti i libri e i dvd del santo patrono, amazon.it e kindle). Di smentite e di vetri scivolosi è pieno il nostro mondo. Dove vanno i fondi, da dove arrivano i guadagni, a chi tornano fondi e guadagni? Grillo dice che non finanzia il movimento con il suo blog. Quindi amazon, tooaway, tutti i dvd e libri finanziano direttamente il santo patrono. Naturalmente, è assolutamente possibile che io sia in torto e non abbia capito un cazzo di Grillo e di tutto quello che rappresenta. Pas grave, ma a maggior ragione non nascondetevi dietro 4 lustri di furti e bugie dei ladri di anime, speranze e sogni. Loro sono il peggio che si possa avere, ma non crediate che servanoo 20 anni per diventare "bravi" in politica: a rubare e ad arrampicarsi sugli specchi, si impara in molto meno tempo.

Tarasso per Kotiomkin

Grillaber e Renzi Kid


“Tutti noi ce la prendiamo con la storia
ma io dico che la colpa è nostra
è evidente che la gente è poco seria
quando vota solamente per protesta...”
I personaggi di oggi sono cinque: Renzi, Grillo-Gabanelli e Finocchiaro-Zanda. La Finocchiaro, che da sola non riesce nemmeno a fare la spesa, ha scelto Zanda per promuovere un disegno di legge per affrontare Grillo: non fai un partito? Non giochi con noi. Diciamo che è un po’ come usare del diserbante per depilarsi ma risolve il problema alla radice. Poi c’è la coppia Grillo-Gabanelli. Parafrasando Grillaber, fino a ieri era:

Ma cos’è di destra, cos’è da grillino
Amato presidente è un po’ destra
Gabanelli al colle è da grillino

Che purtroppo, causa domande impertinenti e inevase durante un’educata puntata di Report, da oggi diventa:

Insultar la Gabanelli è un po’ di destra
Ma se fa domande oneste è da grillino
Non si sa se la sfortuna sia di destra
Ma se ti beccan sempre sei grillino
I fondi neri sono sempre in fondo a destra
Ma se li usa Casaleggio è da grillino

Questo parafrasando Grillaber. Parafrasando invece con il buon senso popolare, la faccenda diventa: “Son tutti trasparenti con il culo degli altri”, per la gioia di chi è così diverso da sembrare uguale. E arriviamo a Renzi che, dopo aver ammesso che il termine rottamare forse è un po’ esagerato, è diventato il fidanzato d’Italia. Scherzando oggi ho scritto che ‘mia madre si è affezionata così tanto al nuovo cagnolino che lo ha chiamato Renzi. Piace al 70% delle sue amiche oltre i 65 anni, soprattutto quelle nate al Nord dopo il 1980, poco religiose e che hanno votato o Lega, o PDL o PD o SEL’. Sembra una battuta, ma Renzi piace nelle valli bergamasche come a Lampedusa, piace a Berlusconi, , a D’Alema, al nuovo papa, al cagnolino di Balotelli, a Balotelli, a tutto il Milan (tranne Abbiati che si dichiara fascista, quindi è indeciso tra Casa Pound e Roberta Lombardi). Piace così tanto a tutti che viene il sospetto che verrà sacrificato al primo Barabba di turno. Ma per intanto così è. Lui, Grillo, la Gabanelli, Zanda e Anna Finocchiaro. Questi i cinque nomi che hanno segnato una giornata che sarà ricordata come una delle tante. E poi c’è quello per cui, invece, verrà ricordata: Gigi Riva, rombo di tuono, che dopo 50 anni dedicati alla storia del calcio italiano, ha deciso di auto-esodarsi. Agli altri non so, ma a lui -mentre ancora sento il suo perone spezzarsi un pomeriggio contro un difensore austriaco- questa giornata  inutile resterà per sempre nella memoria.

La piazza

La piazza nelle ultime settimane è stata al centro dell'attenzione mediatica. C'è stata quella di Brescia, inutilmente riempita da comparse, piccole botte e forze dell'ordine a separare la gente della Leonessa dai figuranti. Si parlava di processi e condanne, il che lascia pensare che di piazze così ce ne saranno a iosa in futuro. I pretesti si accavallano e quelli in sospeso sono una decina, da concussione a prostituzione minorile, da frode fiscale a diffamazione. 
Certo è che sarebbe meglio se dalla piazza sparisse almeno chi ha una responsablità istituzionale. Che ci stiano gli inquisiti e i condannati, non ministri e capigruppo. Che ci stiano giornalisti prezzolati, non rappresentanti della maggioranza. Non credo sia nemmeno necessario 'vietare', credo che dovrebbe bastare il buon senso. Piuttosto, nel dubbio, lasciate che le piazze le riempiano i papi e gli operai, gli esodati e i disoccupati del futuro. Voi che politicamente avete ormai l'età della pensione, continuate a stare lontani dalla folla, come avete sempre fatto. E se mai dovesse prendervi la fregola di uscire per strada in mezzo alla gente, prendete esempio da Silvio Berlusconi che a chi sceglie di protestare dentro a piazza ha sempre preferito chi lo raggiunge dentro un due piazze.




Le parole che non voglio più sentire

@Tarasso per Kotiomkin


“Quanti sono i Kabobo d'Italia? Centinaia? Migliaia? Dove vivono? Non lo sa nessuno” (Beppe Grillo)

Se avessi votato Grillo oggi sarei incazzato nero. Ma più nero dei neri che vedono le loro speranze prese a picconate nei vicoli di Niguarda o vomitate da insulti che accomunano un avvocato di grido, un leghista da urlo e un ligure da livore. L’avvocato che ama le pistole viene da un paesotto veneto, Alano, di nome e di fatto: ha l’ano e con quello ragiona. Il leghista, invece, è un bergamasco con la passione per i maiali: li tira nelle moschee già esistenti e li fa pisciare dovedovrebbero costruirne di nuove. E poi, c’è il Robespierre di Sant Ilario, il Marat di Marina di Bibbione, il burattinaio/burattinato, l’essere mitico metà uomo e metà Casaleggio. Lui non è né di destra, nè di sinistra: lui, più semplicemente, raccatta voti a destra e a sinistra. Dei primi non può fare a meno, ma i secondi sono la sua vera armata: i cittadini pensanti che, chiusi a Montecitorio, lui tratta come Pierini imbecilli. A tutti gli altri parla come se fossero fratelli di Casa Pound: per ogni briciola di consenso dei primi, un pugno nello stomaco nei “cittadini” di Piazza San Giovanni. Ciò detto, se avessi votato Calderoli, oggi sarei orgoglioso di lui e dei suoi prosciutti. Se avessi scelgo Longo, gli sarei sodale per quel suo modo grezzo di mostrare una pistola sotto la toga, come un maniaco mostra il cazzo da sotto l’impermeabile. Ma se, invece, avessi votato per essere un cittadino tra cittadini, per essere un pari tra i pari; be’, voi grillini fate come volete, ma io oggi sarei davvero incazzato nero.

GLI SCARTI di KOTIOMKIN


  • Muore anche Videla. Dio a San Pietro: "Ma cazzo, tutti sto mese?!?"
  • Videla non è morto, è desaparecido
  • Oggi, giornata mondiale contro l'omofobia, bisogna essere attenti anche nello scegliere gli ingredienti per il pinzimonio
  • mora: la minetti vestita da Suora? abbiamo solo assecondato la sua predisposizione a inginocchiarsi
  • dopo rubi altre rivelazioni. il vescovo di Calcutta: madre Teresa costretta ad andare al lavoro vestita da suora
  • il 90% dei gay sì sente discriminato. é tanto ma é pur sempre il 10% in meno dei neri
  • l onu invita a mangiare i vermi. insorge il pdl
  • riconoscere le unioni omosessuali non é difficile. ieri per strada, ad, esempio né ho riconosciute almeno tre
  • aver scelto un venerdì x17 come giornata mondiale contro l'omofobia é un buon pretesto per passare 24 ore toccandosi i coglioni. l un l altro

Crisi nel mondo. in Venezuela non sì trova più la carta igienica. é la merda che non manca mai?

tutto il resto è su: https://www.facebook.com/kotiomkinlab


Sette anni di vacche magre, sette anni di vacche magre, per un totale di 14 anni di vacche


@Tarasso per Kotiomkin

Oggi sul Washington Post si racconta di un funzionario del partito cinese il cui lavoro consiste nel visionare circa 700 film porno alla settimana. Viene facile buttarla in battuta (“:..,un lavoro per un uomo di polso, un lavoro da perderci la vista, ecc.”), ma mi viene soprattutto da pensare alla noia esistenziale di un uomo costretto a passare la sua vita a visionare chiappe e palle, a spiare gli altri godere e a tenere alta del partito comunista la bandiera (e un pochino anche l’asta, via). Tristezza e che ciò che per altri è sesso, per questo poveretto è lavoro. Solo lavoro.  In spagnolo si dice trabajo, in francese travail e il suo suono evoca naturalmente il travagliato dolore del parto. Il lavoro è fatica, il lavoro è –a volte- umiliazione. Nella prima metà del XIX secolo, c’era il ‘bussafinestra’, un tizio che, per vivere, andava a  svegliare gli operai della prima Rivoluzione Industriale. Una sorta di Testimone di Geova per giorni infrasettimanali, pagato dai capitalisti per scassare la minchia ai propri dipendenti fin dal mattino presto. Un secolo prima andava di moda il ‘bambino delle botte’: per insegnare le buone maniere al futuro erede al trono che era intoccabile, un altro bambino le prendeva al posto suo. La professione cadde in disuso dopo che si scoprì che il bambino delle botte di Luigi XVI era stato Robespierre. E’ un mondo antico e scomparso, dove si mangiava frustando i cani nelle chiese, reggendo pitali e contribuendo ad indurire manualmente i membri nobili dei nobili membri dell’impero. Oggi nessuno sano di mente vorrebbe fare il frustatore o il reggipitale. Sopravvive giusto l’antico mestiere dell’induritore di pene per imperatori barzotti, ma semplicemente perché -scomparsi i cani dalle chiese, spariti i pitali dalle case- i potenti impotenti sono una costante della storia. Certo, in un’epoca di vacche magre, occorre adattarsi, sperare, ingegnarsi. Tra 300 anni, verranno forse ricordate le professioni emergenti di questi anni difficili:  il pensionato da comizio, il parlamentare da scambio, il grillino da Senato e il capezzone di rappresentanza, la moglie da alimento e le amanti da calippo. Molto probabilmente saranno ricordate le vacche che grasse o magre, seppero essere felimente molto vacche e un pochino anche testimoni. Sicuramente verrà ricordato,  con qualche invidia, l’uomo che sussurrava ai film porno. L’unico con un po’ di decoro in questo mondo di bovina inutilità.

Zena

@Tarasso per Kotiomkin

Genova si ferma. Genova è una città meravigliosa. Per noi che veniamo giù dalla pianura è una la prima finestra di vita vera, di diversità che non sia collina, montagna o palude. A Portobello, un pazzarello voleva tagliare in due il Turchino per liberare la Pianura Padana dalla nebbia. Lo fermarono, e per fortuna, perché ci avrebbe tolto la magia dei Giovi, l’improvviso squarcio di luce che si apre dopo il buio dell’Appennino. C’è, sull’Appenino Ligure, di posti che sono tristi anche solo a pensarci; buchi di culo da cui il sole passa, dice: “Ma io qui non c’ero già stato ieri?”, e se ne va. Li attraversi e spunti dal foro della Campora, l'ultima galleria appenninica, in un luogo diverso: curve dal raggio instabile che, dapprima, danno sull’orizzonte e poi pian piano degradano nella periferia acida di una città di mare che inizia molto lontano dal mare. Genova corre per qualche chilometro attorno al suo porto, frustata dai suoi tre torrenti: Bisagno, Polcevera e Ferreggiano. Raramente si guarda alle spalle, al suo Oltregiogo: il suo denaro, la sua felicità sono nei sentieri di mare. Un mio amico genovese dice che i liguri non sono tirchi, sono solo pigri. Non sono ospitali, solo perché l’ospitalità costa fatica e si sa che il milanese padano non può comunque vivere solo di asma e nebbia. Questo è il poco che so della Superba. Genova che si ferma è comunque una città meravigliosa. E oggi tutti, anche quelli che l’hanno sempre vista solo da terra, tutti sapranno quanto può mancare alla maestosa Lanterna il profilo di una piccola torre.