IL TEMPO DI FAR RIDERE
Carlo Turati
Stratiepolo 2012
"Ridere è cosa umana"
(Rabelais)
“Quando una persona inciampa o cade in controtempo, potrà farci ridere
prima di farci chiedere se si è fatta male; l'"incidente" è una
chiave comica molto comune”
Il tempo tanto per capirci
Oggi parliamo di come il tempo
sia importante per ridere e far ridere.
Ma, prima di parlare del tempo di far ridere, sarebbe forse il caso di
parlare del tempo. D’altra parte, prima di parlarne davvero, ci sono un bel po'
di problemi da risolvere. E, mentre dico prima, mi viene in mente che –in
realtà- sto già usando il tempo. Allora, cominciamo.
Per prima cosa, nessuno sa cos'è
veramente il tempo. Qualcuno dice che è tipo quando uno guarda fuori dalla
finestra e dice: “Oggi mi sembra che faccia brutto”. Qualcun altro sostiene che
è quando uno dice al suo amico: “Ciccio, guarda che sei in ritardo”. C'è chi
pensa che sia quando uno si ritrova che domani c'è la verifica di scienze e
deve ripassare ancora un sacco di pagine. Ma c'è anche chi lo scambia per una
marca di fazzoletti di carta e chi pensa che il tempo sia presente indicativo,
futuro anteriore, trapassato prossimo congiuntivo con la condizionale al
gerundio. A questo punto, dovendo scegliere di che tempo parlare, decidiamo che
il tempo che ci interessa oggi è quello del tipo: “Scusi, signore, sa per caso
che ore sono?”.
In secondo luogo, il tempo è
veramente un pasticcio complicato. E' un pasticcio che, in primo luogo, scorre
come l'acqua in un fiume. Anzi, un filosofo greco, praticamente un tizio con la
barba che non sapeva come ingannare il tempo -un certo Eraclito-, lo scrisse
pure: “Panta rei”, tutto scorre. A voi sembra che l'acqua sia sempre la stessa,
ma non è vero. E così funziona il tempo. Pensate solo a questo: se scrivo
adesso, quando lo leggo non è più adesso. Per essere più precisi adesso era
prima, mentre scrivevo adesso, ma dopo che ho scritto adesso, adesso è già
dopo. Non so se è chiaro, perchè adesso che lo rileggo è già dopo un'altra
volta e mi sono perso di nuovo. Quindi, noi sappiamo che il tempo è una cosa
che va da lì a là e passa da qui una volta sola. E il bello è che il qui
continua a cambiare. Prima era lì poi è nel mentre che è qui è già là che ci
saluta e si allontana. Dispettoso.
In terzo luogo, tutto succede nel
tempo. C'è chi arriva dopo rispetto a chi arriva adesso che è arrivato dopo chi
è arrivato in anticipo. E poi c'è chi arriva prima rispetto a chi arriva
puntuale che arriva dopo. Ma sempre prima di chi è arrivato in ritardo. D'altra
parte, se non avessimo il tempo, non solo non sapremmo che ore sono, ma nemmeno
chi è arrivato prima, chi adesso e chi dopo. Il che è un bene, perchè saremmo
tutti sempre in tempo, soprattutto quelli in anticipo e quelli in ritardo,
mentre quelli puntuali non saprebbero nemmeno di esserlo. Per quelli come me, a
cui piace dormire, sarebbe fantastico ma per altri, ad esempio gli svizzeri,
sarebbe un colpo al cuore. Non ho niente contro gli svizzeri, ma siccome di
quelli sempre puntuali si dice che sono precisi come un orologio svizzero, mi
viene da pensare che, se io fossi svizzero e mi togliessero il tempo, potrei
morire. Figurati che son saprei nemmeno a che ora mangiare il cioccolato. Il
che per uno svizzero deve essere davvero un dramma. Però, per fortuna, il tempo
esiste e tutto succede nel tempo. Sicchè, se ci pensate bene, state leggendo
questa pagina da dieci minuti e non ci avete ancora capito niente. Però almeno
sapete che sono passati dieci minuti. Figuratevi se oltre a non capirci niente,
non capiste nemmeno da quanto non ci capite niente. Perciò, provo a riassumere
quello che ho scritto:
a) stiamo parlando di quel tipo
di tempo che ci permette di dire: “Scusi, signore, sa per caso che ore sono?”
b) quel tipo di tempo di cui
stiamo parlando non si ferma mai
c) noi viviamo immersi a
bagnomaria in quel tipo di tempo che non si ferma mai.
Nel tempo che non si ferma mai,
succedono le cose. Naturalmente, non sono veramente cose: sono avvenimenti,
episodi, eventi, incontri, occasioni, appuntamenti. Tutte le volte che usiamo
la parola 'quando' stiamo utilizzando il tempo: non ce ne rendiamo conto, ma
non ne potremmo fare a meno. Siamo abituati a darlo per scontato, ma non è per
niente così. Adesso, ieri, oggi, prima, le sette e mezzo, dopo, un milione di
anni fa; sono delle invenzioni utilissime che ci permettono di organizzarci la
vita. Se siamo tutti qui, adesso, nello stesso posto, sapendo più o meno cosa
ci siamo venuti a fare (il che non è per niente detto, secondo me), è perchè
esiste il tempo. Anzi, esiste un tempo giusto perchè succedano le cose. Se
foste arrivati alle 8 ci sareste stati voi, ma non ci sarei stato io. Se fossi
arrivato all'una ci sarei stato io, ma non ci sareste stati voi. So che vi può
suonare strano, ma se non esistesse un tempo 'giusto' sarebbe potuta finire
proprio così.
Cos'è il tempo 'giusto'? Secondo
me, il tempo giusto è quello in cui accadono le cose che devono accadere
proprio in quel momento, né prima né dopo. Per esempio, prendete una gara di
100 metri. C'è Usain Bolt ai blocchi di partenza. Lui quei 100 metri li
percorre sempre in meno di 10 secondi. Ma non può farlo quando vuole lui: deve
aspettare che diano il via. Se parte prima, lo squalificano per falsa partenza.
Se parte dopo, perde la gara. Insomma, magari impiega sempre lo stesso tempo,
ma deve farlo proprio in quel momento. Quel momento è il 'tempo giusto'.
Il tempo giusto di far ridere
Il tempo giusto sembra un
concetto complicato, ma non lo è per niente. Diciamo che è esattamente il
momento in cui è giusto che accadano gli eventi, non un secondo prima, non un
secondo dopo. Per esempio, se piove, si apre l'ombrello; quando smette di
piovere si chiude l'ombrello, fine. Quindi, il momento 'giusto' per tenere
aperto l'ombrello, è quando piove. Sono sicuro che, se vi capita di vedere un
ombrello aperto in una giornata di pioggia, non è che ci fate troppo caso. Ci
fate caso, invece, se lo vedete aperto quando non piove. Tra l'altro, una
faccenda interessante è che quando vediamo qualcosa di strano, ci incuriosiamo.
Ci incuriosiamo, perché sta succedendo qualcosa che non dovrebbe succedere,
come una piccola increspatura quando tiriamo un sasso in uno stagno. E ogni
volta che vediamo questa piccola increspatura, può capitare che, oltre a
incuriosirci, ci venga anche da ridere. Può succedere e altrochè se succede:
c’è un uomo, sta entrando in un edificio ma non vede la porta vetri. Ahia, ci è
andato a sbattere contro. Questa è proprio l’increspatura che stiamo cercando.
Lui sacramenta e noi ridiamo. Ci guarda, fingiamo comprensione, ma appena si
gira ricominciamo a ridere. E più lui “…porco qui, porco là”, più noi ridiamo.
Anzi, più è un signore elegante, di classe, snob, più ci viene da ridere a
pensare di quanto sia da stupidi sbattere il naso contro un vetro. E più una persona
si atteggia a non stupida, più ridiamo. Figuriamoci se parlando con un nostro
amico, mentre camminiamo, lui si gira a dirci qualcosa e finisce dritto contro
un palo, pesta una cacca, inciampa in un vaso, scivola dal marciapiede, prende
in pieno un cameriere che porta dei caffè…. Sangue dal naso? Risate!
Scricchiolio? Risate? Botto da paura? Risate. Certo che siamo ben stranetti!!!
Però, attenzione, non è l’evento in sé: se fosse una gara di sbattimento del
naso contro un vetro, non rideremmo, anzi. Se fosse il nostro naso, non
rideremmo, anzi. Se qualcuno ci dicesse: ehi, guardami che adesso vado a
sbattere il naso contro quel vetro, non rideremmo…anzi. Torte in faccia, bucce
di banana su cui scivolare, vasi che cadono in testa alle persone, pali contro
cui sbattere; sono ingredienti essenziali di una buona risata, dai tempi di
Stanlio e Olio e Charlot, a Will Coyote, Roger Rabbit, Natale a Cortina,
Benvenuti al Sud, al Nord, a Est e a Ovest fino a una cena di Natale quando la
nonna cade dalla sedia e si spacca un femore, mentre il papà ci inciampa
addosso facendo volare il vassoio delle tartine che finiscono nella scollatura
della zia che alzandosi tira una testata sotto il mento al nonno che sviene nel
tiramisù schizzando di crema lo smoking appena ritirato dalla tintoria del
signor De Tappettis che per evitarlo inciampa in una lampada che cade sulla
mamma, incastrandola per bene. Siamo seri: una nonna ingessata, un papà
imbarazzato, un nonno svenuto, uno smoking distrutto, una mamma incastrata
sotto una lampada…non c’è niente da ridere. Ma sono sicuro che, a parte la zia,
che ha un pezzo di salmone in gelatina che le balla nel reggiseno, tutti gli
altri sono piegati dalle risate e il disastro e la tensione si sono sciolti
come neve al sole. Anzi, anche se dopo hanno tutti fatto finta di essere molto
dispiaciuti, ma secondo me –a parte la nonna- la risata è tornata, contagiosa
come uno sbadiglio, e quella cena di Natale è entrata tra le storie che ogni
Natale verranno raccontate…”povera nonna, ma te lo ricordi quando è caduta
dalla sedia e si è rotta il femore?”. E giù a ridere di nuovo, pensando al
nonno con la faccia al tiramisu.
Adesso vi faccio una domanda: c'è
qualcuno, nella vostra classe, tra i vostri amici, nella vostra famiglia, che è
più bravo degli altri a far ridere? Immagino di sì. Vi siete mai chiesti qual è
il suo segreto? In fondo dice o fa qualcosa, come potremmo fare tutti noi. Il
punto è che lo fa o lo dice nel momento giusto, che è il momento in cui nessuno
se lo aspetta (gli esperti direbbero che lo fa “in controtempo”), un po’ come
Pippo Inzaghi in area di rigore, ma proprio nel momento esatto in cui va detto
o fatto per far ridere. Qualcuno potrebbe dire che è ‘inopportuno. Fare una
battuta al/alla prof in classe, durante una spiegazione, non dovrebbe accadere,
ma se la battuta è fatta nel momento giusto e tutti ridono, allora la battuta è
precisa, puntuale e tempestiva. In una parola, chi l’ha detta ha colto un tempo
comico. Se fosse stato veramente
inopportuno gli altri lo avrebbero guardato male e allora avremmo detto che non
ha avuto senso del tempo comico. E in più, adesso sarebbe dalla preside a
chiedere scusa.
A questo punto, dobbiamo per
forza fare un po’ di ordine: tempo giusto, tempo sbagliato, cosa giusta, cosa
sbagliata. Cosa ci fa ridere? Ci fa ridere una cosa sbagliata al tempo giusto.
Quindi, per strano che possa sembrare, il tempo giusto di far ridere è il tempo
sbagliato in cui capitano gli eventi. Chi di mestiere tenta di far ridere il
prossimo, va alla ricerca di questa formula magica: far capitare le cose al
momento giusto che è poi proprio il momento in cui queste cose non dovrebbero
capitare. Va alla ricerca delle increspature nello stagno di tutti i giorni,
anzi è lui si mette a tirare sassi, perché il suo scopo è vedervi ridere,
piegarvi dal ridere, piangere dal ridere, aver mal di pancia dal ridere. E far
sì che tutte le volte che andate a sbattere contro un vetro, quando ci
ripensate, siate i primi a ricordarvene con un sorriso. Grazie per avermi
dedicato del tempo, è un bene così prezioso che non riderci sopra sembra quasi
uno spreco. Ci sono domande?
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